Esiste una nuova generazione agricola fatta di giovani laureati profondamente attaccati alle origini e alle tradizioni di famiglia.
E Valentina e Alessandro, poco più che trentenni potrebbero essere i testimonial di questo movimento rurale.
Vivono entrambi a Frabosa, piccolo comune montano del monregalese, in una porzione di territorio di Cuneo, la cosiddetta provincia Granda.
Si conoscono nel 2012 e come se fossero già predestinati, sognano di lavorare insieme e coltivare i terreni dei nonni.
Si sposano nel 2015, arrivano due bimbi e quel sogno diventa sempre più un’esigenza, così Valentina lascia il lavoro da dipendente e insieme si lanciano nella loro avventura. Acquistano il vecchio rudere immerso nei terreni che appartenevano ai nonni e nel 2017 nasce Casa Colet, azienda agricola che porta il nome antico della cascina così come riportato sulle mappe catastali.
E anche la scelta del nome testimonia il rispetto del ricordo e il desiderio di far rivivere e tramandare nel tempo la storia di quel territorio.
I terreni sono composti da 14 ettari in cui coltivano cereali, frutta e verdura totalmente in biologico dal 2021.
Asini e caprette oggi sono fidati collaboratori per tenere puliti i prati e insieme a un gruppetto di galline e altri animali, un giorno non troppo lontano saranno i protagonisti di una fattoria didattica aperta a grandi e piccini, che avranno voglia di immergersi nella realtà di una vera azienda agricola.
La sostenibilità ambientale e la salvaguardia di un intero ecosistema è la prerogativa di Casa Colet, e quindi composti chimici, diserbanti, antiparassitari e pesticidi sono totalmente banditi dalla coltivazione.
Le tecniche di produzione utilizzate sono la rotazione e il sovescio, che consentono alla terra di non assuefarsi agli stessi raccolti ogni anno e di regalare frutti al massimo delle loro potenzialità, che si traduce in prodotti genuini, sani e dalle caratteristiche organolettiche uniche.
Fin qui tutto straordinario e poetico, ma lavorare la terra è faticoso, e il contributo dei genitori di Valentina e Alessandro è fondamentale, un atto quasi dovuto perché inorgoglisce pensare che le tradizioni di due famiglie non andranno perdute.
I prodotti vengono venduti direttamente in azienda, ma vi sto pur raccontando la storia di una coppia di millennials, e quindi i fortunati consumatori possono acquistare frutta e verdura tramite un famoso gruppo di acquisto con consegne settimanali e tramite Whatsapp con un messaggio che segnala il raccolto del giorno.
Ma i desideri di Valentina e Alessandro andavano oltre l’azienda agricola e quel rudere fortemente voluto non poteva che diventare un agriturismo con camere.
E vi racconterò proprio della mia esperienza gastronomica vissuta a Casa Colet a ferragosto.
Come il più classico ferragosto che si rispetti, c’erano 35 gradi all’ombra, la natura rigogliosa e le verdure dell’orto ad aspettarci.
Valentina ci accoglie con un sorriso raggiante e ci fa accomodare all’interno, grazie a Dio.
Ho amato tantissimo l’arredamento fatto di pezzi unici di recupero, da scrivanie di ufficio antiche, a banchi di scuola, a vecchie credenze e sedie tutte di foggia e colori diversi.
Una miscellanea vintage che avvolge e stupisce, dallo specchio barocco, al telefono con la cornetta, a una porta scorrevole molto vissuta che introduce al bagno fino a un’insegna col simbolo del telefono, che campeggiava sulle vecchie cabine telefoniche.
Nessun dettaglio è lasciato al caso, qui è tutto incredibilmente studiato e curato.
Come anche la mise en place, dove una lastra di pietra fa da sottopiatto e delle piastrelle decorate costituiscono un originale portapane.
Una focaccina con del babaganoush (crema di melanzane tipica mediorientale) è stato un entrée molto gradito, al quale ne è seguito un altro, una patata novella cotta nella brace e ripassata nel burro con erba cipollina.
Di quando la semplicità fa rima con bontà e non dovrebbe mai essere data per scontata.
Un piatto che ho adorato era una carne cruda con zucchine in tre consistenze, alla scapece, emulsionate a creare una salsa agrodolce che ha marinato la fassona, e un fiore fritto con una pastella croccantissima.
Abbiamo proseguito con un’arancino o arancina (siamo tra le valli cuneesi chiamiamolo come ci pare, nessuno si offenderà) con riso e maionese all’ortica e acetosella.
Fritto divinamente, acidulo al punto giusto, da mangiarne una ventina serenamente.
Un piatto che potrebbe lasciare perplessi per la sua apparente banalità, un tris di pomodori di diverse varietà con una salsa rinfrescante e pop corn di amaranto.
E’ bastato un attimo passare dalla perplessità all’entusiasmo, perché realizzare un piatto con un solo ingrediente è prerogativa di pochi.
Veniamo al piatto principale, un taco con un lingotto di manzo in salsa barbecue e barbabietola acidulata.
Divertente questo viaggio tra preparazioni nomadi, da Frabosa all’Asia, attraverso la Sicilia per terminare in Sud America.
Anche il dolce segue la filosofia di una finta semplicità con una crema diplomatica al limone, coulis di frutti di bosco e briciole di paste di meliga.
Siamo stati ancora coccolati con assaggi di torta e biscottini alle nocciole e gelatine al sambuco con le loro meline.
Ovviamente tutto autoprodotto dallo chef Enrico Rusolen, che dalle cucine di grandi ristoranti in giro per il mondo, dopo l’ultima esperienza in Danimarca, ha deciso di tornare tra le sue montagne.
Ha accettato la sfida di onorare le sue radici cucinando per Casa Colet.
Armatevi di pazienza per percorrere i sentieri che vi porteranno in questa casa agricola con il cuore perché ne varrà la pena.
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